REGGIO EMILIA – Oggi un correggese di 74 anni celebra il 50° anniversario di una giornata speciale per sé e per lo sport italiano: è Pasqualino Abeti, che il 21 luglio del ’72 fece parte del quartetto di velocisti che stabilì il primato mondiale nella 4X200. “Ci penso da due o tre giorni e mi commuovo – le sue parole – Sono felice, ma anche triste per Pietro, un amico”.
Pasqualino, Luigi e Franco non si sono ancora sentiti per ricordare assieme il 21 luglio di 50 anni fa. Manca Pietro, i moschettieri non sono più al completo, e così ognuno di loro preferisce tornare alla pista di Barletta da solo, con i propri pensieri. Il correggese del gruppo lo fa assieme a noi con sullo sfondo quel colore che lo rimanda alla terra rossa. Polvere che con la pioggia diventava melma, ma che soddisfazione quei traguardi. Abeti, Benedetti, Ossola, Mennea: 21 luglio 1972, piena preparazione per le Olimpiadi, primato mondiale della staffetta 4X200 con 1’21”5. “Abbiamo fatto i cambi come li si fa con la 4X100 – ha spiegato Abeti – significa rischiare di rompersi l’osso del collo, ma ci credevamo; non c’era internet, abbiamo avuto conferma del primato il giorno dopo”.
Abeti, nove titoli di campione italiano e 30 presenze in nazionale, oggi è preparatore atletico e, ebbene sì, da velocista fa l’elogio della lentezza, della calma che può esserci nella testa, nel cuore e nelle gambe in 10 secondi e che fa la differenza tra un atleta e un campione. Quella mitezza nel mettersi alla prova che non c’è più e che consentiva anche il fallimento, con riferimento a Jacobs passato dalle stelle alle stalle in un’estate e che Abeti difende. “Cento metri sono lunghissimi, non sono pronti via e arrivo: sono scatto, progressione, tenere la progressione. Bisogna respirare davvero la disciplina”.
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