REGGIO EMILIA – Una richiesta di carcerazione per Paolo Bellini era stata formulata all’inizio del 2021, durante le indagini preliminari per il processo alla strage alla stazione. All’epoca fu rigettata. Stavolta, invece, le esigenze cautelari sono state riconosciute.
Per l’ex primula nera è scattato questa mattina l’arresto, deciso dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna, in procinto di celebrare il secondo grado del procedimento che in primo grado lo ha ritenuto tra i partecipanti del più efferato attentato della storia repubblicana. Bellini, che era ai domiciliari, è stato portato nel carcere di massima sicurezza di Spoleto.
Secondo i giudici voleva vendicarsi, colpendo in particolare l’ex moglie, Maurizia Bonini, che testimoniando contro di lui ha chiarito gli orari degli spostamenti di Bellini quel 2 agosto 1980, smontando un alibi che aveva retto per 40 anni e riconoscendo l’ex marito nel video amatoriale registrato da un turista poco dopo l’esplosione.
Le minacce emergono dalle intercettazioni messe a disposizione dalle procure di Caltanissetta e Firenze: “Ho pagato 50mila euro per fare fuori uno dei Bonini”, una delle frasi pronunciate da Bellini. Nel mirino di pianificazioni di atti violenti anche il figlio di Francesco Maria Caruso, presidente della Corte d’Assise che lo ha condannato all’ergastolo.
Il killer reggiano si era informato su dove fosse il figlio del giudice e sulla sua professione, quella di diplomatico in Brasile. Un lungo curriculum criminale quello di Bellini, come spiega la procuratrice generale di Bologna facente funzione, Lucia Musti: “Lo troviamo con la ‘ndrangheta, con l’eversione nera, lo troviamo in Cosa Nostra e lo troviamo per un tentato omicidio per ragioni private, d’onore”.
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