REGGIO EMILIA – Quando Saman Abbas uscì di casa a Novellara per l’ultima volta, attorno alla mezzanotte del 30 aprile 2021, portava uno zainetto sulle spalle. Quando il padre Shabbar rientrò, circa sei minuti dopo, aveva in mano un oggetto: secondo la sentenza che lo ha condannato all’ergastolo per l’omicidio della 18enne, si trattava dello zaino della figlia e rappresentava un indizio a carico.
Ma per la difesa non c’è certezza, anzi, una consulenza tecnica di parte sulle immagini dei due frangenti, affidata ad un informatico forense, dice che non c’è compatibilità tra i due oggetti.
Per questo, tra le richieste che il difensore dell’imputato, avvocato Sheila Foti, pone alla Corte d’Assise d’Appello in vista del processo al via giovedì a Bologna, c’è quella di disporre una perizia per comparare l’immagine dello zaino di Saman con l’oggetto in mano al padre.