REGGIO EMLIA – I difensori degli indagati rinviati a giudizio per la gara indetta nel 2016 dal Comune hanno passato al setaccio i bandi emessi da altre città italiane. Hanno verificato e documentato che molti enti – Bologna, Parma, Ancona, Verona, Brescia, Milano e tanti altri – fanno ciò che la procura di Reggio considera anomalo: mettono a gara insieme gestione del servizio di scuolabus, della sosta, controllo della Ztl e bike sharing.
Secondo l’accusa, l’accorpamento dei diversi servizi aveva l’obiettivo di tagliare fuori operatori non graditi e di assegnare l’affidamento al consorzio Tea, controllato da Act. Il fatto che in molte altre città questi servizi siano aggregati in un’unica gara, proprio come a Reggio, indebolisce la tesi della procura.
Ma perchè i Comuni fanno questa scelta? La risposta sta nell’esame della documentazione della gara del 2016. L’affidamento congiunto consente al singolo operatore di realizzare forti economie di scala, in particolare sfruttando la possibilità di impiegare il personale in mansioni diverse in orari diversi. Ma c’è un’altra motivazione, ancora più importante. Nelle gare per contratti di concessione, chi vince non prende soldi pubblici, ma si impegna a gestire uno o più servizi, pagando il personale, facendo gli investimenti necessari e trattenendo i relativi ricavi. In cambio, versa un canone alla stazione appaltante: in questo caso 500mila euro all’anno per 8 anni, poi saliti a 650mila in seguito al rilancio di Tea.
Alcuni servizi, come la gestione della sosta, sono redditizi; per altri, come lo scuolabus, i costi superano di gran lunga i ricavi. E’ per questo che molti comuni li affidano in un unico lotto. La suddivisione in diversi lotti determinerebbe infatti costi maggiori per il gestore ed entrate minori per l’ente locale. Nel caso della gara del 2016, secondo le difese, l’accorpamento in un’unica gara ha permesso al Comune di Reggio di incassare dal concessionario oltre 400mila euro all’anno in più.
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