REGGIO EMILIA – L’avviso di conclusione delle indagini inviato nei giorni scorsi aveva suscitato l’impressione che l’inchiesta giudiziaria sugli appalti del Comune di Reggio, venuta alla ribalta nel giugno dell’anno scorso con una spettacolare perquisizione in Municipio, avesse assunto nel frattempo proporzioni e rilievo ancora maggiori. L’incremento del numero degli indagati da 15 a 26 sembrava confortare questa sensazione. A quasi una settimana di distanza, messi a fuoco meglio i fatti, quella lettura sembra meno convincente.
Nell’inchiesta è entrato il comandante della Polizia Municipale Stefano Poma, come membro della commissione che aggiudicò all’Autofficina Corradini l’appalto per la rimozione delle auto incidentate. In molte delle vicende oggetto di indagine spicca il ruolo di Santo Gnoni, a volte come giudice della Commissione tributaria provinciale, altre volte come responsabile – all’epoca dei fatti – del Servizio legale del Comune. E’ l’unico tra gli indagati che viene accusato di essersi fatto corrompere.
D’altro canto la posizione dell’ex vicesindaco Matteo Sassi, accusato in prima battuta di turbativa d’asta, è stata archiviata. All’ex assessore Mirko Tutino, accusato un anno fa di aver pilotato un appalto da 25 milioni, resta solo la contestazione di due telefonate – una con un giornalista, una con un socio della cooperativa Camelot – che la Procura considera rivelazione di segreto d’ufficio. Analoga la posizione di Raffaele Leoni, presidente della Asp Città delle persone: prima era accusato di turbativa d’asta, ora solo di falso ideologico. Nell’avviso di conclusione delle indagini non c’è poi più traccia di un appalto, il secondo per importo fra quelli che la Procura considerava “truccati”. E’ l’appalto da 12 milioni di euro in 6 anni per il servizio energia del Comune vinto nel 2016 da Gesta, azienda del gruppo Coopservice. Un anno fa la Procura sosteneva che quella gara era stata congegnata in modo da far vincere Gesta. Ora l’accusa è caduta.
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