REGGIO EMILIA – Porte chiuse, come previsto per tutte le udienze preliminari. In questo caso non nelle aule preposte, quelle del piano terra del tribunale, ma in Corte d’Assise per esigenze di spazi.
E, di nuovo come da prassi, la mattinata è stata utilizzata dai legali difensori per le schermaglie preliminari e per sollevare le proprie eccezioni. Quando però i potenziali numeri del processo sono alti, anche udienze “tecniche” come questa pesano.
La procura – i sostituti Giulia Stignani e Valentina Salvi – ha chiesto, a fine marzo, il rinvio a giudizio di 24 persone tra ex e attuali dirigenti del Comune di Reggio, dopo 5 anni dall’inizio dell’inchiesta e dopo 8 mesi dalla fine delle indagini preliminari. Alla base sei gare d’appalto considerate irregolari e che secondo gli inquirenti hanno dato il la ai reati di turbata libertà degli incanti, falsità in atto pubblico, rivelazione di segreto d’ufficio e corruzione.
I bandi, che per la maggior parte risalgono al 2016, erano per la gestione del nido Maramotti, per il servizio di rimozione delle auto incidentate, per servizi legali e di brokeraggio assicurativo, per la selezione del dirigente dell’Azienda servizi alla persona, e poi quello corposo, da 25 milioni di euro, ovvero la gara per gestione della sosta a pagamento e del trasporto scolastico.
Oltre a un difetto di notifica, che ha portato il giudice Andrea Rat a rinviare l’udienza preliminare al 21 settembre, gli avvocati hanno sollevato più di un’obiezione sugli aspetti giuridici. “Abbiamo chiesto al giudice che dividesse in due l’udienza, in modo da trattare subito le questioni preliminari, che secondo noi sgonfieranno la cosa”. Liborio Cataliotti rappresenta Santo Gnogni, figura centrale dell’indagine e all’epoca dirigente dell’ufficio legale del comune e membro della Commissione tributaria provinciale.
Proprio dall’intercettazione di un dialogo tra Gnoni e un avvocato cui l’indagato avrebbe chiesto 15mila euro per fare i suoi interessi in un procedimento pendente davanti alla Commissione tributaria è scattata l’inchiesta della guardia di finanza. Un colloquio che avvenne nel 2013 in un bar di Parma. Su questo l’avvocato Ernesto D’Andrea, che difende Alessandro Meggiato e Nando Rinaldi, si è focalizzato trovando il consenso dei colleghi: sulla questione territoriale. “Quindi – ha detto – il giudice competente era a Parma”. Se l’eccezione sollevata da D’Andrea venisse accolta, tutte le intercettazioni, a cascata, potrebbero essere dichiarate inutilizzabili.
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