REGGIO EMILIA – Un’amnistia per portare gli anni di piombo fuori dai tribunali, dove è assurdo che siano ancora, 50 anni dopo. In modo da ragionare più liberamente del terrorismo rosso e nero, del comportamento dello Stato, del conflitto sociale che portò quasi 6mila giovani a essere indagati.
Quanto accaduto a Cascina Spiotta e in quegli anni deve essere trattato come una vicenda storica per il bene del Paese. Ne è convinto Vainer Burani, dopo la clamorosa dichiarazione spontanea in cui l’ex terrorista reggiano Lauro Azzolini ha ammesso per la prima volta dopo 50 anni la sua presenza nel luogo dove furono uccisi l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, nel confronto a fuoco con i brigatisti, e Mara Cagol, quando – ha detto Azzolini – si era già arresa e aveva le braccia alzate. Una testimonianza credibile, secondo Burani, confermata anche dall’autopsia eseguita sulla moglie di Renato Curcio.
La dichiarazione di Azzolini, secondo Burani, diventa anche decisiva per la difesa del suo assistito, Renato Curcio, in giudizio ad Alessandria come capo delle Brigate Rosse.
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