REGGIO EMILIA – Questa sera alle 20,30 in piazza Prampolini, dove è in programma un sit-in di protesta organizzato dall’associazione femminista Non una di meno contro l’ingaggio di Portanova da parte della Reggiana, ci saranno anche le volontarie dell’associazione Nondasola, che assistono donne vittime di violenza. In piazza anche una rappresentanza della Conferenza Donne Democratiche: “Ben consapevoli che esistono altri 2 gradi di giudizio per arrivare a una condanna definitiva, riteniamo che la scelta della Società Reggiana Calcio si stata avventata. Si poteva attendere i tre gradi di giudizio e poi valutare un possibile ingaggio. Se questo non è accaduto ci spinge a pensare che la scelta sia stata solo ed esclusivamente opportunistica. Questo rende ancora più grave la situazione”.
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L’intervento dell’associazione Nondasola
Per noi che operiamo da oltre vent’anni in un centro antiviolenza che dalla sua apertura nel 1997 ha accolto circa 7000 donne di Reggio Emilia e provincia, delle quali molte sopravvissute a violenze sessuali, l’ingaggio di un giocatore condannato in primo grado per stupro da parte della squadra di Reggio Emilia è motivo di amarezza. Un’amarezza che conosciamo bene.
È quella che ci accompagna quando siamo testimoni di processi nei quali le donne che hanno subito la violenza più intima e indelebile si trovano a dover dimostrare di non essere state consensuali, e per questo subiscono i più difficili interrogatori, le più striscianti umiliazioni, le peggiori calunnie. Sporgere una denuncia per violenza sessuale è un grande atto di coraggio, oltre che di giustizia; chiunque abbia un minimo di conoscenza di queste procedure lo sa bene. Per questo, indipendentemente dalla sentenza definitiva, una condanna in primo grado parla da sola. E ci immaginiamo cosa debba significare, per la ragazza sopravvissuta alla violenza, che uno dei suoi aguzzini possa continuare a condurre una vita di agi e gloria. Peraltro in una città che del contrasto alla violenza ha fatto una priorità (in un’altra città, Bari, la tifoseria si è rivoltata contro l’idea della squadra di assumere lo stesso giocatore e ha impedito alla società di acquistarlo).
Ci amareggia, ma per noi non è una novità, la banalità del male dei tanti e tante che pur di contare su una buona prestazione della squadra si nascondono dietro a un finto garantismo. La banalità del male di quelli e quelle che hanno storto il naso davanti a questo ingaggio ma continueranno ad andare allo stadio perché, tanto, il mondo del calcio è così.
Il mondo è così, si diceva una volta alle donne che venivano violentate. Una volta, prima che il mondo iniziasse a cambiare.
Noi, che lavoriamo quotidianamente nel contrasto e nella prevenzione alla violenza, sogniamo una rivoluzione delle coscienze. Siamo coscienti della nostra utopia, ma anche di quanti passi avanti sono stati fatti nel giro di poche generazioni. E allora ci piace immaginare che per una stagione il tifo più importante diventi quello contro la violenza sulle donne. A costo di svuotare la curva. Ma anche solo a costo di essere in meno a pagare il biglietto; in molti, in pochi. La coscienza è un fatto personale, ma il personale è politico.
Il mondo del calcio è già in ritardo di decenni nel prendere atto che il vero avversario in campo è il sessismo nel quale siamo tutti immerse e immersi da sempre. Che questa triste vicenda serva a rimettere il punto esclamativo sul fatto che non c’è effetto più devastante della banalità, per continuare a diffondere il male.
L’associazione femminista “Non una di meno” in piazza contro l’ingaggio di Portanova