BRESCELLO (Reggio Emilia) – La fase preliminare dell’indagine era stata chiusa a fine luglio, e ora la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per tre persone, tra tecnici e dirigenti Aipo, per l’alluvione dell’Enza a Lentigione di Brescello. L’accusa è inondazione colposa, e le parti civili saranno svariate decine.
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All’udienza che segnerà l’inizio del processo mancheranno due persone: Renzo Porzani, morto a 89 anni per infarto mentre spalava via il fango portato dall’Enza, e Cosetta Boccazzi, volontaria della protezione civile deceduta lo scorso aprile a 55 anni, tra le prime firmatarie dell’esposto del maggio 2018. Non potranno chiedere il risarcimento morale per quanto patito con l’alluvione di Lentigione. Lo faranno anche per loro gli 80 brescellesi che molto probabilmente si costituiranno parte civile.
L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 14 dicembre. Per allora saranno passati praticamente tre anni esatti dal disastro. Il sormonto e la rottura dell’argine da parte dell’Enza, senza che fosse stato dato l’allarme evacuazione in tempo, provocò enormi danni economici: abitazioni, imprese, auto, mobili finirono sott’acqua.
Un migliaio di lentigionesi venne sfollato. La procura di Reggio, col pm Giacomo Forte, ha chiesto il rinvio a giudizio per tre persone, tutte di Parma: due dirigenti e un tecnico di Aipo, Massimo Valente, Mirella Vergnani e Luca Zilli. L’accusa è inondazione colposa in concorso, per aver sottovalutato il rischio mancando così una corretta comunicazione alle istituzioni e, a cascata, ai cittadini. Valuterà il gup.
Dopo due anni e mezzo di indagini, la fase preliminare si era conclusa alla fine dello scorso luglio: basandosi sui risultati di una perizia tecnica, la procura ritenne che ci fossero gli elementi per ricercare le responsabilità di quanto accaduto. Nelle carte l’evento meteorologico di quelle ore – era l’alba del 12 dicembre 2017 – venne definito “non eccezionale”. Nessun difetto strutturale nella sponda reggiana dell’Enza, ma – scrisse il perito – “casse di espansione non adeguatamente mantenute e un deficit sulla sommità dell’argine”: una cosiddetta ‘corda molle’, un abbassamento di una cinquantina di centimetri per un tratto lungo tra i 50 e i 70 metri. Proprio dove l’Enza sormontò, esondò e ruppe.
“Accogliamo con gioia la fissazione della data dell’udienza preliminare – dice Domizia Badodi, l’avvocato dei lentigionesi che si sono costituiti in comitato – Col problema Covid non speravamo che il processo potesse iniziare entro l’anno”. Lo stesso comitato, presieduto da Edmondo Spaggiari, si sta attivando per raccogliere le richieste di danno morale e patrimoniale da parte dei coinvolti, offrendo gratuitamente ai cittadini servizio di supporto e informazione.
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