REGGIO EMILIA – L’opera di muratura e di sbarramento degli accessi continuerà per almeno due settimane. Lo sgombero delle ex Reggiane ha tracciato una linea netta, dividendo il ‘prima’ dal ‘dopo’. Il prima sappiamo da cosa è stato composto, negli anni: fragilità sociale ed episodi di criminalità, la mancanza di una vera casa per chi era dentro i capannoni in disuso e l’insofferenza, più che comprensibile, di chi abita invece nelle case attorno alle ex officine di via Agosti, o di chi transita spesso in piazzale Europa o in zona stazione. Ci uniamo anche gli sforzi, con risultati altalenanti, profusi dalle amministrazioni che si sono succedute.
“Il Comune si è attivato. Le ultime persone rimaste hanno richiesto la previsione di un intervento della forza pubblica che poi non è stato necessario. Ma era necessario essere pronti”, commenta il prefetto Iolanda Rolli.
E’ difficile dire cosa mettere nel “dopo”, invece. Le 110 persone che da gennaio a oggi sono state inserite in percorsi di accoglienza nell’ambito del progetto ‘Reggiane Off’ dovranno contribuire a crearsi una nuova prospettiva di vita e non sarà semplicissimo: nessun uomo o donna sceglierebbe di alloggiare in spazi come quelli delle ex Reggiane avendo un’alternativa, ma si tratta comunque di un piccolo salto nel vuoto. Gli inquilini dei capannoni avevano tanti volti: quello dello spacciatore di droga o del rapinatore e quello dell’irregolare sono solo due di questi profili. Volti che non muteranno connotati di punto in bianco. “Avere proceduto con queste modalità consente anche le persone, di accompagnarle in un percorso di inclusione e Reggio ha le capacità per farlo. Credo che una situazione del genere difficilmente si potrà riproporre, anche perché l’area è destinata a una progettualità di riqualificazione”.
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