BIBBIANO (Reggio Emilia) – L’approfondimento della vicenda dei presunti affidi illeciti in Val d’Enza attraverso la lettura della perizia di una delle consulenti tecniche della Procura ha mostrato, se ce ne fosse stato bisogno, che siamo di fronte a storie dolorose, a cui accostarsi con rispetto e prudenza.
Storie nelle quali alla sofferenza dei minori all’interno di famiglie frantumate e segnate dalla conflittualità si è sommata quella del successivo allontanamento. Se c’è un terreno che più di ogni altro è scivoloso, un terreno in cui – più che le certezze – dominano i dubbi, è quello degli abusi sessuali di cui sarebbero stati vittima alcuni dei minori coinvolti.
Ci sono stati o no gli abusi? Dei quattro casi famigliari esaminati dalla psicologa Elena Francia per conto della Procura, in uno c’è una relazione sessuale accertata tra una ragazzina di 13 anni e un uomo di 27, cugino della madre della minorenne. Il secondo caso è quello di una bambina di 9 anni: i servizi sociali erano convinti che fosse stata vittima di abusi, anche se la piccola non ha mai fatto dichiarazioni in questo senso, né con gli assistenti sociali né durante le sedute di psicoterapia. Gli altri due minori, invece, hanno parlato degli abusi, soprattutto durante le sedute con la psicologa e psicoterapeuta Nadia Bolognini, ma non solo con lei.
Il fatto che tutti questi episodi abbiano portato all’apertura di procedimenti penali per violenza sessuale induce a pensare che vi fossero come minimo degli aspetti da approfondire. Gli indagati, però, sono stati via via scagionati e la Bolognini è ora accusata di aver alterato lo stato psicologico dei minori e di aver tratto in inganno con le sue relazioni i consulenti tecnici nominati dalla Procura. La tesi della dottoressa Francia è che la Bolognini, attraverso sedute fortemente suggestive, avrebbe condotto tre dei quattro minori ad “assumere il ruolo di vittima di abuso”.
Le violenze confidate alla Bolognini e talvolta ai genitori affidatari sarebbero un “falso ricordo” creato dai bambini che, in buona fede, hanno raccontato un fatto che sono intimamente convinti di aver vissuto ma che in realtà non è mai accaduto.
Questa è l’interpretazione della consulente della Procura. Naturalmente, è molto raro che un minore riveli di sua iniziativa un vissuto di abusi in famiglia. Il fatto che dalle sedute di psicoterapia escano dichiarazioni in questo senso non significa necessariamente che le violenze ci siano state, così come le archiviazioni e i proscioglimenti in sede giudiziaria non significano necessariamente che le preoccupazioni degli assistenti sociali fossero del tutto infondate.
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