REGGIO EMILIA – Arrivati alla fine del dibattimento va riconosciuto ‘con onestà di valutazione, che la definizione di ‘sistema Bibbiano’ (per come fu ed è emerso nel processo), non equivale ad affermare l’esistenza di un ‘sistema’ istituzionalmente presente nel nostro ambito regionale, bensì solo di un ‘sistema’ che, nei suoi connotati patologici – per motivazioni, obiettivi e metodi – si è espresso, con le caratteristiche che sono emerse nel processo, esclusivamente nello specifico contesto locale, e che è stato ispirato, sviluppato e dominato, sostanzialmente, dagli’ Federica Anghinolfi, Francesco Monopoli, Nadia Bolognini. Lo ha affermato l’avvocato Mariano Rossetti, difensore di parte civile per la Regione Emilia-Romagna, nell’arringa davanti al tribunale di Reggio Emilia per il processo ‘Angeli e Demoni’ sui presunti affidi illeciti, con 14 imputati.
“Ci sono due pilastri che sorreggono l’accusa: il numero dei casi relativi ai falsi abusi su minori e il modus operandi degli imputati, che ripeteva lo stesso copione o similare per ognuna delle vittime – sottolinea l’avvocato Domenico Morace – E tutto questo al di là degli indizi e degli elementi di prova che la Procura ha raccolto, dalle captazioni, alle chat, dalle falsità esposte nelle relazioni, al pressing sui consulenti del tribunale minorile. Ecco perché ho parlato di catena di montaggio”.
Mercoledì iniziano le arringhe dei difensori.













