REGGIO EMILIA – Della costruzione accusatoria che per sei anni ha caratterizzato l’indagine e il processo sugli affidi in val d’Enza non resta nulla: ne sono convinti gli avvocati Rossella Ognibene e Luca Bauccio, difensori di Federica Anghinolfi e Nadia Bolognini, ospiti ieri sera dello speciale di Telereggio dedicato alla sentenza di primo grado. Assenti, chi per scelta chi a causa di impegni, gli avvocati di parte civile.
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“E’ una sentenza che non lascia dubbi. Il fatto non sussiste. L’impianto accusatorio non aveva basi”. Rossella Ognibene è il legale di Federica Anghinolfi. Insieme al collega Oliviero Mazza ha difeso l’ex responsabile dei Servizi sociali dell’Unione Val d’Enza. La sua cliente è andata a processo con 64 capi d’imputazione, poi scesi a 58, ed è infine stata assolta per 56 episodi e condannata solo per due vicende di carattere amministrativo. La sentenza di primo grado pronunciata il 9 luglio dalla corte presieduta da Sarah Iusto ha riscritto una vicenda cominciata più di sei anni fa, il 27 giugno 2019, con enorme clamore.
Cosa resta dopo la sentenza della costruzione accusatoria?
“Rimane la pretesa di aver voluto costruire un racconto leggendario – risponde l’avv. Bauccio – Ci siamo svegliati con un’impostura che è stata svelata per essere tale. Quando dico impostura, mi riferisco a un autoinganno che ha generato un meccanismo perverso che, partendo da un’indagine legittima, ha poi attraversato il mondo dei social, della politica, dei media e si è trasformato in una valanga che ha travolto ogni senso di realtà“.
L’avvocato Luca Bauccio, milanese, difensore della psicoterapeuta Nadia Bolognini e prima ancora di Claudio Foti, non risparmia certo le critiche alla conduzione dell’indagine e all’uso mediatico e politico che ne è stato fatto. Ma descrive il processo celebrato dal Tribunale di Reggio come una prova del funzionamento della giustizia. Un processo, dicono i difensori degli imputati, che ha certificato l’assenza di un sistema illecito e di ogni movente economico.
“Il dato economico non è mai emerso – sottolinea Ognibene – Tutta la narrazione mediatica del business degli affidi è completamente priva di fondamento”.
“Bibbiano è forse l’unico caso di distruzione della reputazione di una comunità”, aggiunge Bauccio.
Tra le figure denigrate e criminalizzate da certe ricostruzioni politico-mediatiche ci sono anche le famiglie affidatarie, accusate di essere spinte da un movente economico.
“Vogliamo ricordare chi sono le famiglie affidatarie? Sono famiglie generose, che mettono in gioco il proprio equilibrio, la propria vita e le proprie finanze per accogliere un bambino che non sarà mai loro figlio”, chiosa Bauccio.
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