REGGIO EMILIA – Non poteva esserci antivigilia di Natale migliore per Giuseppe Pagliani. La Corte d’Appello di Bologna ha assolto l’ex capogruppo del Pdl in Sala del Tricolore e in Consiglio provinciale dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per non aver commesso il fatto. Nella sua requisitoria il pubblico ministero Beatrice Ronchi aveva chiesto una condanna a 4 anni. Pagliani, presente in aula, si è allontanato prima della sentenza. Ci hanno pensato i suoi difensori Alessandro Sivelli e Roberto Borgogno a dargli la notizia dell’assoluzione.
Il procedimento che vedeva imputato Pagliani è una delle diverse costole del processo Aemilia. Arrestato nel 2015, l’anno successivo l’esponente politico scelse il rito abbreviato. Fu assolto in primo grado e condannato a 4 anni in appello, ma nel 2018 la Cassazione annullò la sentenza di secondo grado per un vizio di forma: nel processo erano state introdotte nuove prove senza procedere all’esame dei testi. Dunque processo da rifare, fino all’epilogo dell’assoluzione.
Nella requisitoria, il pm aveva ribadito la tesi dell’accusa: Pagliani aveva incontrato boss di ‘ndrangheta, come Nicolino Sarcone e altri, e aveva fatto da sponda alla loro offensiva contro il prefetto De Miro in cambio della promessa di sostegno elettorale. Una ricostruzione che non ha convinto i giudici. “Pagliani non sapeva che Sarcone e gli altri erano mafiosi – commenta l’avvocato Sivelli – e non ha fornito nessuno contributo alle loro iniziative”. Siamo all’ultimo atto? Non è detto. La Procura generale di Bologna e le parti civile potrebbero ricorrere in Cassazione. Ma l’avvocato Sivelli è convinto che, dopo due assoluzioni, difficilmente la Suprema Corte modificherebbe la sentenza.
Gli altri verdetti
La Corte di appello di Bologna ha invece condannato a quattro anni e otto mesi l’imputato Michele Colacino e ha rideterminato le pene per altri quattro: Francesco Frontera (otto anni e sei mesi), Francesco Lamanna (11 anni e otto mesi), Romolo Villirillo (11 anni e sei mesi), Michael Salwach (un anno, cinque mesi e dieci giorni), per quest’ultimo escludendo recidiva e continuazione.
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