REGGIO EMILIA – Si è concluso oggi in Corte d’appello a Bologna l’ultimo dei processi nati dall’operazione Aemilia del gennaio 2015. Gianluigi Sarcone, fratello del boss Nicolino, è stato condannato a 14 anni e sei mesi. L’udienza era cominciata con un colpo di scena: una lettera dell’imputato che ammetteva di aver fatto parte della cosca fino al 2015 e si dissociava dall’organizzazione. Ma questa presa di distanza in extremis non è valsa ad evitare a Sarcone una pesante condanna.
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La Corte d’appello di Bologna ha detto l’ultima parola sul processo Aemilia, cioè su quell’insieme di procedimenti penali scaturiti dall’inchiesta condotta da Marco Mescolini, oggi procuratore capo a Reggio, e Barbara Ronchi. Dopo la conclusione dei due maxi-processi celebrati uno a Bologna con rito abbreviato e l’altro a Reggio con rito ordinario, dopo la condanna di Pasquale Brescia e l’assoluzione di Giuseppe Pagliani, restava solo Gianluigi Sarcone, fratello del capocosca Nicolino, la cui posizione era stata stralciata dal filone principale nel dicembre scorso.
Sarcone era già stato condannato in primo grado a 19 anni e 10 mesi per associazione mafiosa e per il tentativo di intimidazione ai danni del direttore del nostro telegiornale Gabriele Franzini. L’11 gennaio scorso il sostituto procuratore generale Lucia Musti aveva chiesto la condanna in appello a 18 anni, Sarcone ha giocato in extremis una carta a sorpresa. In apertura dell’ultima udienza, nell’aula Bachelet della Corte d’appello di Bologna, il presidente ha letto una lettera dell’imputato.
In sostanza, Sarcone ha ammesso di aver fatto parte della cosca dal 2004 al 2015 e ha detto di dissociarsi dall’organizzazione, mentre si è detto non colpevole per i reati contestati fra il 2015 e il 2018, quando, secondo l’accusa, avrebbe guidato dal carcere il gruppo criminale. I difensori dell’imputato, nelle loro brevi arringhe, hanno sostenuto che Gianluigi non ha avuto nulla a che fare con il finto pentimento del fratello Nicolino e durante la detenzione si è occupato solo della propria difesa. In collegamento dal carcere di Viterbo, con una dichiarazione spontanea, Sarcone ha chiesto scusa.
Ma la corte, dopo un’ora di camera di consiglio, ha confermato l’impianto della sentenza di primo grado, dichiarando Sarcone colpevole sia per l’accusa di associazione mafiosa, sia per il reato di violenza privata aggravata dal metodo mafioso ai danni del nostro direttore.
La pena, per effetto della riunificazione dei due riti, è stata rideterminata in 14 anni e 6 mesi. Per le minacce a Gabriele Franzini era già stato condannato in via definitiva Alfonso Diletto, numero due della cosca Grande Aracri a Reggio.
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