REGGIO EMILIA – Di dichiarazioni ufficiali sulla vicenda, da parte del comitato regionale della Figc, non ce ne sono. L’ufficio stampa con cui parliamo ammette tuttavia che una mossa è stata fatta. Consiste in una richiesta di informazioni rivolta al livello nazionale. Informazioni che sono attese nei prossimi giorni e che serviranno a chiarire e a inquadrare meglio la situazione anche sul piano locale. Da Bologna insomma nessun atteggiamento pilatesco, anche se viene sostenuto che una sostituzione di regole sulle prime iscrizioni dei giovani calciatori è avvenuta, per mano di Roma, sulla base del recepimento di una legge.
Le regole che sono saltate, con un cambiamento avvenuto praticamente in corsa, a ridosso dell’avvio dei campionati, consentivano fino a un anno fa alle società di tesserare, con la stessa procedura prevista per gli italiani, i ragazzini di famiglie straniere, a patto che risultasse la residenza nel nostro Paese al al compimento del decimo anno d’età. Ora invece la burocrazia si è appesantita e di molto. Il cosiddetto principio dello “ius soli sportivo” non fa più testo, occorre osservare le regole previste per coloro che sono arrivati in Italia dopo i dieci anni d’età, con tempistiche di due mesi per mettere insieme i necessari documenti. Ecco perché la società Progetto Aurora di Santa Croce, che tra gli esordienti ha più della metà di bimbi originari dell’Africa, non ha potuto partecipare al campionato Figc. “Norme surreali”, afferma Domenico Chiatto, segretario aggiunto della Cisl Emilia Centrale con delega alle politiche per l’immigrazione, che attraverso una nota auspica un intervento della Figc per sanare la situazione.
Di barriere alzate e di discriminazione parla anche l’associazione Città Migrante: “Conosciamo da vicino il Progetto Aurora e il suo lavoro nel quartiere – dice Federica Zambelli – L’attività sportiva è fondamentale per produrre integrazione, e questo cambio esclude i ragazzi di origine straniera dalla vita della comunità e dei quartieri in cui queste famiglie abitano”.
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