REGGIO EMILIA – Ai nostri microfoni Federico Rampini ha commentato l’investimento di Silk Faw per realizzare a Reggio Emilia auto di altissima gamma ibride e elettriche con queste parole: “Naturalmente, un investimento estero è sempre il benvenuto. In un territorio porta ricchezza e quindi è difficile dire di no. Bisogna stare attenti al modo in cui si comportano, perché può diventare anche nel lungo termine un comportamento predatorio”.
Parole di buon senso, che lasciano forse spazio a un margine di ambiguità. Potrebbe sembrare, ascoltando Rampini, che il nostro sistema produttivo si trovi di fronte a un rischio inedito. In realtà, la nostra economia convive da almeno 30 anni con tendenze espansioniste e con comportamenti predatori. Decine e decine di aziende reggiane di medie e grandi dimensioni sono state acquisite da gruppi esteri.
Nel migliore dei casi queste aziende sono state ben gestite, ma oggi sono semplicemente divisioni periferiche di imprese straniere. Non di rado, poi, le aziende acquisite sono state chiuse nell’arco di pochi anni. E’ stato il caso della Berni di Scandiano con Nestlè, della Superbox di Sant’Ilario con Crown Cork, della vecchia Rcf con Mackie Designs e del gruppo Fantuzzi-Reggiane con Terex. Recentemente, anche la Goldoni di Rio Saliceto ha rischiato grosso con la gestione Lovol. Come si vede, nella maggior parte dei casi i comportamenti predatori non arrivavano dalla Cina.
C’è da aggiungere che queste operazioni passano in genere attraverso l’acquisizione di aziende esistenti, perché comprando le aziende si mettono le mani direttamente sui marchi e sulle quote di mercato. Creare dal nulla un’azienda richiede investimenti assai superiori e tempi ben più lunghi, senza avere certezze sulla buona riuscita.
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