REGGIO EMILIA – Sono 60, da gennaio a oggi, le procedure fallimentari aperte in provincia di Reggio. Il numero supera già del 15% il totale delle procedure riferite al 2022. L’attuale andamento è in linea con le 66 aziende finite in crisi nel 2021. Mentre nel 2020 il dato si fermò a 50, frenato dalla normativa Covid introdotta per posticipare le istanze di fallimento.
Uscita dalla pandemia, anche l’economia reggiana si è trovata a fare i conti con le tensioni sui mercati dell’energia, con l’inflazione e con con conflitti armati alle porte dell’Europa. “I segnali non sono positivi, l’aumento delle aziende in difficoltà c’è e di conseguenza siamo preoccupati. Si sperava in una situazione migliore, purtroppo questi fattori produrranno effetti economici negativi”, le parole di Massimo Giaroli, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Reggio Emilia.
Dal luglio 2022 è finita in soffitta la legge fallimentare, dopo che per 80 anni ha regolato la crisi e l’insolvenza delle imprese. La riforma subentrata punta a favorire i salvataggi rispetto alle liquidazioni. Agli strumenti oggi disponibili a favore della ristrutturazione delle aziende in crisi è stata dedicata la 19ª edizione di un convegno nazionale promosso dagli Ordini dei commercialisti e avvocati reggiani, assieme al centro studi di diritto fallimentare di Modena. Al centro Malaguzzi, il parterre dei relatori ha visto sia professionisti dei due ordini che magistrati e imprenditori.
“Dobbiamo sensibilizzarli e responsabilizzarli affinché ai primi segnali di squilibrio finanziario ed economico siano pronti a prendere gli opportuni provvedimenti, che non solo sono indicati dalla normativa ma che devono essere rispettati per una buona gestione aziendale”, ha aggiunto Giaroli.
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