REGGIO EMILIA – La Borsa di Milano l’anno scorso ha limitato le perdite al 6%, ma il 2020 delle società reggiane quotate a Piazza Affari è stato mediamente assai peggiore di quanto dica l’indice Ftse: una sfilza di segni meno con due sole eccezioni. La prima, la più eclatante, è quella di Interpump. Il gruppo di Sant’Ilario ha continuato imperterrito la sua corsa superando i 40 euro di quotazione, con un nuovo balzo del 42,8%. Ora è di gran lunga la più importante società quotata della nostra provincia, con una capitalizzazione di Borsa di 4,4 miliardi di euro. Bene anche Emak, che ha messo a segno un progresso del 19,6%.
I segni più finiscono qui. Poi ci sono i titoli che l’anno scorso hanno perso terreno. Alcuni in misura modesta: è il caso di Landi Renzo e Newlat, che hanno ceduto poco più del 7%, e di Comer, che ha chiuso il 2020 con una flessione di appena il 2,3%. Altri hanno subito forti arretramenti: sia va dal meno 30% di Cellular Line al meno 23% di Iren. Il gruppo ceramico Panaria ha ceduto il 41,3%, Servizi Italia il 28,7%, la Vimi Fasteners di Fabio Storchi il 60,4%.
Un discorso a parte meritano i titoli bancari. L’unico istituto che ha contenuto in qualche modo le perdite è stato il Credem, in calo del 14,4%. Bper Banca, che conta molti azionisti reggiani, ha lasciato per strada il 50,9%. Infine Unicredit, partecipata da Fondazione Manodori e famiglia Maramotti, ha ceduto ancora il 41,2%, attestandosi sotto gli 8 euro per azione.
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